Il mistero della nascita del linguaggio

Il caso Pidgin & Creolo


Bachelor Thesis, 2009

53 Pages, Grade: BA


Excerpt


Contents

Capitolo 1- Introduzione al dibattito contemporaneo.
- 1.1 Formazione e Apprendimento di una nuova lingua
- 1.2 Chomsky su Verbal Behavior di B. F. Skinner
- 1.3 Teoria della capacità linguistica: parametri basilari
- 1.4 Pidgin, Creolo e il dibattito contemporaneo

Capitolo 2 - Noam Chomsky e la struttura biologica innata.
- 2.1 Grammatica universale e struttura sintattica
- 2.2 L’errore come strumento di studio
- 2.3 Distinzione tra struttura sintattica e significato
- 2.4 “Grammatica Universale” e distinzione tra principi e parametri”
- 2.4.1 Teoria dei principi e dei parametri
- 2.4.1.1 Il parametro della Testa
- 2.5 Implicazioni filosofiche della teoria di Chomsky: “Il problema di Platone”.
- 2.6 Chomsky su pidgin e creoli

Capitolo 3 -Derek Bickerton: studio sperimentale di pidgin e creolo.
- 3.1 Le radici del linguaggio
- 3.2 Pidgin
- 3.2.1 Struttura del Pidgin
- 3.2.2 Stabilizzazione e stadi del Pidgin
- 3.3 Passaggio dal Pidgin al Creolo
- 3.3.1 Il Creolo Hawaiano
- 3.3.2 Le lingue dei segni
- 3.4 Le lingue Creole
- 3.4.1 Gli “Universali della Creolizzazione”
- 3.5 La tesi di Bickerton

Capitolo 4: Chomsky e Bickerton, posizioni a confronto.
- 4.1 Una tesi comune: struttura biologica innata del linguaggio
- 4.2 Divergenze: Universali grammaticali vs Universali della Creolizzazione
- 4.3 Dalla nascita del linguaggio alla Babele delle lingue: due approcci diversi
- 4.3.1 Tra scienza e mito

- Conclusioni

Capitolo 1: – Introduzione al dibattito contemporaneo

1.1 Formazione e apprendimento di una nuova lingua

Come nasce una nuova lingua? In che modo i bambini imparano a parlare?

Domande come queste sono state, e continuano ad essere, motivo di studio in linguistica e psicolinguistica; nella prima metà del 1900 la concezione predominante sul linguaggio è stata quella che ha considerato formazione e apprendimento di una lingua come prodotti dell’ambiente. Questa tesi dominante sino agli anni ‘50 è chiamata “comportamentista”, la mente dei bambini è considerata come una “tabula rasa”, cioè priva di qualsiasi conoscenza, guidata solo “da premi e punizioni provenienti dall’ambiente”[1]. Secondo questo programma, il compito della psicologia non è quello di formulare ipotesi sui meccanismi mentali degli individui, bensì quello di descrivere le correlazioni tra gli stimoli osservabili a cui gli individui sono sottoposti e le risposte comportamentali che essi danno a questi stimoli.

Una sfida a questa concezione venne lanciata alla fine degli anni ’50 da Noam Chomsky con la pubblicazione di Le strutture della sintassi, seguite dalla critica al manifesto comportamentista Verbal Behavi or di B. F . Skinner.

1.2 Chomsky su Verbal Behavior di B. F. Skinner

Verbal Behavior è il risultato di ricerche sul comportamento verbale (da cui il titolo), che si sono protratte per circa vent’anni. Così lo presenta Chomsky:

“Il libro intende fornire un’“analisi funzionale” dei processi linguistici. Per analisi funzionale Skinner intende l’identificazione delle variabili che controllano il comportamento in esame e la specificazione del modo in cui esse interagiscono nel determinare una particolare risposta verbale. Inoltre tutte queste variabili, devono essere descritte completamente in termini di stimolo, rinforzo, e deprivazione […] In altre parole, lo scopo del libro è quello di fornire un metodo per predire e controllare il comportamento verbale mediante l’osservazione e la manipolazione dell’ambiente fisico in cui agisce il parlante”[2]

Chomsky concentra la sua recensione sull’analisi delle nozioni principali di stimolo, risposta e rinforzo, e su come queste dovrebbero condizionare comportamento (verbale) e apprendimento (linguistico) di un individuo sin dai primi anni d’età.

Tali nozioni sono definite da Skinner grazie a vari test compiuti su animali in condizioni sperimentali. Fondamentale per l’apprendimento del linguaggio e la padronanza di esso da parte dell’adulto è il rinforzo definito in Verbal Behavior da Skinner con queste parole:

“L’operazione di rinforzo è definita come la presentazione di un certo tipo di stimolo in una relazione temporale […] uno stimolo rinforzante è definito tale per il suo potere di produrre il cambiamento risultante.”[3]

Tale definizione - secondo Chomsky - rende inutile qualsiasi critica o qualsiasi indagine sulla sua veridicità; questo a causa della profonda imprecisione con cui è esplicitata da Skinner nel suo libro; inoltre afferma Chomsky nella sua recensione:

“esaminando i casi relativi a ciò che Skinner chiama rinforzo, ci accorgiamo che non viene rispettato neanche il requisito che uno stimolo rinforzante sia uno stimolo identificabile”[4]

L’intento di Chomsky è quello di analizzare tutti i concetti fondamentali introdotti da Skinner, dimostrando che, se presi nel loro significato letterale, questi non sono in grado di spiegare quasi nessun aspetto del comportamento verbale; il linguista americano ritiene infatti che:

“I problemi cui Skinner ha indirizzato le proprie ricerche sono estremamente prematuri; è inutile fare ricerche sui determinanti del comportamento verbale finché non si sa molto di più sul carattere specifico di questo comportamento; non ha senso una ricerca sul processo di acquisizione senza una migliore comprensione dell’oggetto di tale acquisizione”[5]

L’idea dominante di Verbal Behavior è che il comportamento verbale si può analizzare univocamente tramite le condizioni ambientali ed è frutto solo dell’apprendimento cui i bambini sono sottoposti da genitori e parlanti della loro lingua naturale attraverso un complesso sistema articolato in stimoli-risposte e conseguenti condizionamenti che procurano la stabilizzazione del linguaggio parlato; la recensione del libro da parte di Chomsky, fa emergere una nuova e rivoluzionaria concezione già proposta nel suo Le strutture della sintassi; Jackendoff riassume così la tesi del linguista americano:

“Chomsky dimostrava che il comportamento linguistico dell’uomo si può spiegare soltanto in termini di principi complessi, operanti nella mente del parlante – principi che non possono essere acquisiti con i semplici meccanismi di associazione postulati dai comportamentisti.”[6]

Con la formulazione delle tesi di Chomsky, l’analisi del linguaggio può essere considerata uno studio delle proprietà formali delle grammatiche; fornendo una descrizione strutturale di queste è possibile analizzare il modo con cui vengono apprese e comprese dai parlanti; per quanto ben argomentata la teoria riguardante l’apprendimento di una lingua così com’è formulata dai comportamentisti non tiene conto di alcuni dati di fatto come ad esempio la costante mancanza di alcuni errori verbali nei bambini, secondo i comportamentisti infatti, i piccoli si costruiscono da soli una grammatica attraverso il “condizionamento”, questa ipotesi risulta però ardua e povera di conferme sperimentali; Chomsky ribalta completamente le tesi comportamentiste con la nuova prospettiva dell’innatismo e della grammatica mentale costituenti una delle prime tappe di quella che prese in seguito il nome di “rivoluzione cognitiva”.

1.3 Teoria della capacit à linguistica: parametri basilari

Noam Chomsky individuò nei primi anni ’60 i parametri basilari a fondamento di una teoria della capacità linguistica:

“Questi parametri possono essere presentati come i due argomenti fondamentali:[…]

1-Argomento a favore della grammatica mentale:

la varietà espressiva dell’uso linguistico implica che il cervello di chi impiega il linguaggio contenga principi grammaticali inconsci.

2-Argomento a favore della conoscenza innata:

Il modo in cui i bambini imparano a parlare implica che il cervello umano abbia una specializzazione, geneticamente determinata, che è finalizzata al linguaggio

Questi due argomenti portano alla conclusione che l’abilità di parlare e capire una lingua umana è una complessa miscela di natura e cultura”[7]

1.4 Pidgin, Creolo e il dibattito contemporaneo

Nel decennio tra il 1870 e il 1880, e dal 1920 sino ai nostri giorni, si è assistito ad un fenomeno curioso: proprietari terrieri di canne da zucchero in Hawaii e più in generale proprietari di piantagioni di tabacco nel sud del pacifico mescolarono deliberatamente schiavi locali e lavoratori provenienti dalle più svariate parti del mondo parlanti ovviamente lingue diverse da quelle degli indigeni del luogo; quando parlanti di lingue differenti devono comunicare per risolvere problemi pratici magari riguardanti il lavoro, ma non hanno l’opportunità di imparare l’uno la lingua dell’altro, si assiste ad una situazione linguistica davvero complessa verificatasi non di rado: la creazione di un linguaggio di fortuna chiamato Pidgin (un protolinguaggio).

Il termine “pidgin” nasce come storpiatura in inglese del termine “Beijing” (Pechino):

“indica che si tratta di una lingua nata dal contatto dei commercianti inglesi con le popolazioni locali cinesi che poi per antonomasia ha finito con l’identificare tutte le lingue semplificate di questo tipo”.[8]

Le caratteristiche fondamentali del pidgin che lo distinguono da una lingua naturale sono essenzialmente due; così le enuncia Bickerton:

“ La prima consiste nel fatto che il pidgin è sintatticamente povero e il suo lessico è privo di termini funzionali […]

La seconda caratteristica è che l’ordine delle parole in una frase è estremamente variabile e in buona misura dipende dalla lingua madre del parlante […]”[9]

Il linguista ci dice inoltre che:

“La variabilità da un parlante all’altro è […] una delle caratteristiche principali del pidgin: sembra quasi che ogni immigrato abbia dato individualmente forma alla propria lingua di fortuna con una sorta di ‘fai da te’ linguistico”[10]

Derek Bickerton “come Chomsky, ha trascorso tutta la sua carriera osservando le complesse strutture del linguaggio, specialmente gli affascinanti casi in cui un linguaggio ha origine da una convivenza forzata tra diverse culture.”[11] Il linguista, ha infatti analizzato per lungo tempo il fenomeno dei pidgin, dimostrando che in molti casi possono essere trasformati in lingue complesse.

Steven Pinker presenta così questo fenomeno:

“Questo succedeva […] quando i bambini venivano isolati dai loro genitori e allevati collettivamente da un lavorante che parlava loro in pidgin. Non contenti di riprodurre le sequenze frammentate di parole, i bambini immettevano complessità là dove prima non esistevano, con il risultato di una lingua completamente nuova e altamente espressiva”[12]

Ecco un esempio di Bickerton in cui il linguista riporta, confrontandoli, gli stessi enunciati nelle due diverse versioni (pidgin e la sua evoluzione spontanea):

Pidgin:

No, the men, ah (pau work) they go, make garden. Plant this, ah, cabbage, like that. Plant potato, like that. Potato, like that. And then – al that one – all right, sit down. Make lilly bit story.

Evoluzione del proto linguaggio:

When work pau da guys they stay go make garden for plant potato an’ cabbage an’after little while they go sit down talk story.”[13]

La lingua complessa che nasce da un pidgin viene chiamata Creolo (termine che deriva dallo spagnolo criollo che significa meticcio, nato in casa); come si vede dall’esempio, i linguaggi creoli sono vere e proprie lingue, a differenza dei pidgin infatti hanno un ordine stabile delle parole e sono ricche di indicatori grammaticali.

I bambini sembrano avere tutto il merito nella formazione del creolo (non hanno mai sentito altro che il pidgin scarso nella sua struttura grammaticale) suggerendo dunque che il processo di creolizzazione può essere in qualche modo guidato dalla struttura della grammatica universale teorizzata da Chomsky; lo studio dei processi d’acquisizione del linguaggio nei bambini è fondamentale, secondo Jackendoff infatti:

“Il caso del creolo, fornisce un’evidenza ulteriore a sostegno dell’esistenza di un periodo critico: gli adulti che parlano il pidgin con i loro figli continueranno a parlare pidgin, senza acquisire il creolo; ormai non hanno più l’età per acquisire tutte le complicate proprietà grammaticali che i loro figli hanno inventato!”[14]

Il linguistica Derek Bickerton durante i suoi studi sembra essere arrivato a nuove considerazioni che fortificano la tesi della matrice biologica del linguaggio ma divergono strutturalmente dalle ipotesi di Chomsky; sono oggi questi due linguisti con le loro teorie e con i loro studi ad animare il dibattito contemporaneo.

Gli studi sulla formazione di una nuova lingua traggono informazioni fondamentali dagli studi di Noam Chomsky e dagli esperimenti “sul campo” effettuati da Bickerton durante la sua analisi delle lingue Pidgin e Creole.

Capitolo 2: - Noam Chomsky: la struttura biologica innata

2.1 Grammatica universale e struttura sintattica

Le strutture della sintassi pubblicate nel 1957 da Noam Chomsky sanciscono la fine del periodo “comportamentista” nella psicolinguistica; l’oggetto di studio non è più il comportamento del parlante ma la sua mente e i processi cognitivi che portano alla formazione della lingua.

“Il linguista moderno non studia più gli enunciati prodotti da una certa comunità, ma la conoscenza “implicita” che ogni singolo parlante di una certa comunità ha della sua grammatica per produrre qualsiasi enunciato in quella lingua”[15]

La mente del parlante va studiata analiticamente, procedendo con esperimenti, prove empiriche e teorie.

Chomsky spiega come deve procedere questa “nuova” scienza linguistica:

“Un sintatticista formula un’ipotesi su una regola, costruisce una frase e poi chiede al parlante di quella lingua se la frase “suona bene” o no. Sulla base della risposta corregge l’ipotesi e procede formulando nuove domande.”[16]

2.2 L ’errore come strumento di studio

Dallo studio delle risposte date dai parlanti di una lingua alle domande inerenti la grammaticità di una frase, si è ottenuto un dato fondamentale per le teorie di Chomsky:

Esistono degli errori che seguono in un certo qual modo la grammatica di una lingua e sono pertanto riconosciuti come sintatticamente corretti.

Ad esempio in italiano la frase:

(a) “A me mi piace il gelato”

nonostante segua una forma grammaticalmente scorretta (“a me mi”), non viola tuttavia in modo rilevante la struttura sintattica della lingua italiana.

Esistono invece alcuni errori che violano totalmente il costrutto sintattico di una lingua e pertanto vengono riconosciuti come grammaticalmente scorretti.

Ad esempio in italiano la frase:

(b) “A me piace mi gelato il”.

in conformità a questi dati ha assunto un ruolo fondamentale lo studio degli “errori” grammaticali commessi dai bambini durante il periodo di acquisizione e assestamento della capacità linguistica; si è infatti potuto notare, che così come i parlanti di una lingua non riconoscono grammaticalmente corrette frasi che violano completamente il costrutto della propria lingua naturale, allo stesso modo i bambini omettono sempre (escludendo i “lapsus linguae”) proprio quegli errori che sarebbero un totale stravolgimento della grammatica della lingua naturale che stanno acquisendo.

L’enunciato (a) e l’enunciato (b) rappresentano due diversi tipi d’errore, mentre il primo può venir commesso (non di rado) dai bambini, è praticamente impossibile che lo stesso avvenga per il secondo.

“La possibilità di produrre tipi diversi di errore, dunque, ci conduce a fare delle ipotesi sulla struttura del linguaggio, che altrimenti non sapremmo motivare empiricamente”[17]

Gli esperimenti effettuati sui bambini inerenti le possibili violazioni di una grammatica stanno alla base della teoria della “Grammatica generativa” di Chomsky che si basa sul presupposto di un vincolo biologicamente determinato individuando la classe delle lingue umane possibili. I linguisti hanno infatti provato ad insegnare a bambini (durante il periodo critico in cui è più semplice per loro acquisire una lingua) e a persone, particolarmente portate per l’apprendimento delle lingue, alcune grammatiche da loro inventate che violassero appositamente la struttura della grammatica universale teorizzata da Chomsky, dimostrando, che le lingue basate su grammatiche di questo tipo sono tendenzialmente impossibili da acquisire e padroneggiare.

Chomsky spiega la capacità che i parlanti hanno di riconoscere una certa sequenza di parole come grammaticali (o non grammaticali) attraverso la teoria che attribuisce ad ogni conoscitore di una lingua il possesso di certi “Universali linguistici” innati, il che non significa che nasciamo già predisposti ad una certa grammatica di una lingua (come sosterrà invece Bickerton attraverso lo studio dei Creoli), ma che il nostro cervello è già predisposto a seguire dei principi generali che limitano la variazione linguistica; non è importante che tutte le lingue si adeguino ad un certo universale linguistico affinché questo venga considerato tale, l'importante è che nessuna lingua lo contraddica. Conoscere questi principi generali è fondamentale per lo studio della sintassi (analisi della combinazione delle parole) di una lingua naturale umana; un linguista sintatticista (come Chomsky) è portato a ritenere fondamentali gli esperimenti sulla benformatezza grammaticale, proprio grazie ai numerosi test sottoposti a bambini e parlanti di una lingua si è potuto osservare che la sintassi non è totalmente riducibile alla semantica ed è dunque studiabile autonomamente.

2.3. Distinzione tra struttura sintattica e significato

Cosa significa che sintassi e semantica possono essere studiate l’una indipendentemente dall’altra?

Ecco un celebre esempio di Chomsky:

“ Green colorless ideas sleep furiously”[18]

Che in italiano può essere reso come segue:

“Idee verdi incolori dormono furiosamente”

“Chomsky ha osservato che i parlanti percepiscono questo enunciato come grammaticale benché sia privo di senso. Questo perché l’enunciato è sintatticamente ben formato, cioè osserva le regole della sintassi dell’inglese”[19]

Come è evidente dall’esempio del linguista americano, un parlante di una lingua naturale umana ha la capacità di riconoscere come grammaticalmente corrette anche enunciati che non ha mai sentito prima (come accade presumibilmente con l’esempio precedente) anche se queste sono assolutamente prive di un qualsiasi significato; nell’esempio dunque la sintassi è corretta, mentre semanticamente l’enunciato non può essere analizzato nell’italiano corrente.

[...]


[1] Jackendoff 1993 p.7

[2] Chomsky 1959 tr. it p. 21

[3] Chomsky 1959 tr. it p. 34

[4] Chomsky 1959 tr. it p. 53

[5] Chomsky 1959 tr. it p. 21

[6] Jackendoff 1993 tr. it p. 7

[7] Jackendoff 1993 tr it p. 17

[8] Moro 2006 p. 135

[9] Jackendoff 1993 tr. it p. 182

[10] Bickerton 1999 p. 107

[11] Hauser 1996 p. 38 traduzione mia

[12] Pinker 1994 tr. it p. 25

[13] Jackendoff 1993 tr. it pp. 183-184

[14] Jackendoff 1993 tr. it p. 189

[15] Moro 2006 p. 54

[16] Moro 2006 p. 55

[17] Moro 2006 p.59

[18] Chomsky (1957) p. 15

[19] Zucchi (2008) p.7

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Details

Title
Il mistero della nascita del linguaggio
Subtitle
Il caso Pidgin & Creolo
College
Università degli Studi di Milano  (Departement og Phliosophy)
Course
Phliosophy: Logic and Epistemology
Grade
BA
Author
Year
2009
Pages
53
Catalog Number
V140676
ISBN (eBook)
9783640498130
ISBN (Book)
9783640498383
File size
1099 KB
Language
Italian
Keywords
Linguistic; Philosopy;
Quote paper
Leonardo Caffo (Author), 2009, Il mistero della nascita del linguaggio, Munich, GRIN Verlag, https://www.grin.com/document/140676

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